I cambiamenti sempre più veloci del contesto in cui operano le imprese rendono opportuno per ciascun operatore economico effettuare un “tagliando”, ossia una valutazione, ed un eventuale ripensamento, dell’impostazione, dell’organizzazione e della gestione dell’attività imprenditoriale.
Questa serie di articoli su come fare impresa in un mondo più difficile e competitivo rappresenta la naturale evoluzione della Bussola “Dall’Idea all’Impresa”, pubblicata qualche anno fa e, proprio come la Bussola, è dedicata a chi è già imprenditore e vuole ripensare la propria attività, a chi lo vuole diventare, e a chi lo diventerà, magari come conseguenza di un passaggio generazionale dell’attività di famiglia.
In questo secondo articolo affronteremo la decisione immediatamente successiva a quella di accettare le sfide poste dalla gestione di un’impresa, ossia la scelta del settore in cui cimentarsi per far nascere e crescere la propria azienda. In una parola, cosa vendere?
Per rispondere alla domanda fondamentale, ovvero “in che campo voglio far operare la mia impresa?” o, più prosaicamente, “cosa voglio vendere?” dovremmo capire come sta cambiando il mondo, e per riuscirci esamineremo i macrotrend a livello globale, e valuteremo la realtà nazionale, in campo economico e sociale, per passare poi alla messa a fuoco dei settori economici che, allo stato attuale delle cose, appaiono più promettenti per una potenziale elevata futura domanda di beni e servizi, sia nuovi, sia tradizionali.
Per capire cosa converrà vendere in futuro, bisogna immaginare come sarà il mondo di domani. In altre parole bisogna trovare una risposta alla domanda: Come sta cambiando il mondo?
Va detto che negli ultimi anni vi sono stati tanti eventi più o meno inattesi, in campo sanitario, climatico, energetico, tecnologico, geopolitico, demografico, ed è difficile indicare quali di queste evoluzioni siano aggiustamenti congiunturali, oppure trend di lungo termine.
Precisato questo, è innegabile che alcuni cambiamenti in corso a livello internazionale siano piuttosto evidenti, e per comprenderli pienamente occorre conoscere i dati ad essi relativi, e a questo scopo è utilissimo consultare la banca dati statistica della World Bank, che è la più completa ed autorevole a livello mondiale per molti fenomeni che determinano il cambiamento del pianeta e della società umana.
A questo punto si può passare ad esaminare i principali fenomeni che caratterizzano il mondo di oggi, a partire dai trend demografici.
La popolazione mondiale è quasi triplicata in 60 anni (un’accelerazione pazzesca, se si pensa che la specie umana, ossia l’homo sapiens, esiste da appena 100-200mila anni sulla Terra [che esiste invece da circa 4,5 miliardi di anni], e da soli 20mila anni è presente in tutti e 5 i continenti). Tutto questo è avvenuto nonostante si sia ridotto della metà il tasso di natalità, rispetto al 1960. Per avere un quadro completo dei trend demografici, si riportano i seguenti dati:
1) Crescita della popolazione: nel 1960 la popolazione mondiale era 3,03 miliardi, mentre nel 2022 ha raggiunto quota 7,95 miliardi; vi è quindi un forte trend di crescita della popolazione, che inevitabilmente impatterà sulla sostenibilità dei consumi;
2) Aumento della vita media: nel 1960 la durata media della vita a livello mondiale era di 51 anni, mentre nel 2019 si era arrivati a 73 anni, per poi scendere nel 2021 a 71; è questo fattore a spiegare buona parte della crescita della popolazione;
3) Diminuzione del tasso di natalità: nel 1960 nascevano annualmente 32 bambini ogni 1.000 abitanti, mentre nel 2021 ne nascevano solo 17;
4) Diminuzione del tasso di mortalità: nel 1960 morivano annualmente 17 persone ogni 1.000 abitanti, mentre nel 2021 il tasso era sceso a 9, con la conseguenza che lo scarto tra i due tassi, che indica l’aumento della popolazione annuale, è passato da 15 persone ogni 1.000 abitanti (1,5% annuo) a 8 persone (0,8%).
Negli ultimi 60 anni l’economia è cresciuta costantemente (salvo nel 2009, 2015 e 2020), ed il tasso di crescita è stato sensibilmente più alto per l’economia nel suo complesso (80 volte più grande in 60 anni), piuttosto che a livello individuale (il reddito medio è cresciuto di 25 volte), mentre i prezzi sono solo triplicati negli ultimi 50 anni, come ricordano i seguenti dati:
1) Aumento del Pil globale: il Pil mondiale è passato da 1,38 trilioni (1.380 miliardi) di dollari statunitensi nel 1960 a 100,56 trilioni nel 2022, quindi è aumentato di circa l’8.000% in poco più di 60 anni;
2) Aumento del Pil pro capite mondiale: il reddito medio individuale è passato da 457 Us$ del 1960, a 12.647 del 2022, crescendo dunque di circa il 2.500% in circa 60 anni;
3) Inflazione: questi elevati tassi di crescita del reddito globale e individuale sono stati dovuti in parte all’inflazione, che negli ultimi 50 anni è stata pari o superiore al 10% per 9 anni, non lontano dal 10% (8%) per altri 8 anni, mentre per ulteriori 9 anni è rimasta vicina al 2%; nei circa 25 anni rimanenti l’aumento dei prezzi si è aggirato intorno al 5%, determinando così, nel complesso degli ultimi 50 anni, una crescita totale dei prezzi di circa il 300%, ossia del 6% medio annuo.
E’ questa la più recente sfida che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi decenni, e che ormai è tangibile ogni volta che eventi climatici estremi (alluvioni, siccità, tempeste, riduzione dei ghiacciai) si ripetono a un ritmo sempre più frequente in tutte le aree del mondo; vi sono poi dati oggettivi che spiegano le nuove dinamiche meteorologiche, quali i seguenti:
1) Emissioni di CO2: da 21,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica emesse nel 1990, si è arrivati a 35,6 miliardi nel 2018, quantità che è andata poi decrescendo fino a giungere a 33,6 nel 2020;
2) Innalzamento della temperatura media del pianeta: secondo i rapporti dell’Ipcc, l’autorità internazionale in materia di cambiamento climatico, la temperatura superficiale globale è stata di 1,09 [da 0,95 a 1,20] °C più alta nel 2011–2020 rispetto al 1850–1900, con aumenti maggiori sulla terraferma (1,59 [da 1,34 a 1,83] °C) che sull’oceano (0,88 [da 0,68 a 1,01] °C). Si stima che da qui al 2030 (ossia fra pochi anni) si arriverà senz’altro a 1,5 gradi in più rispetto al periodo preindustriale, ma, a giudizio di molti scienziati, si tratta di una stima ottimistica (ossia la temperatura potrebbe aumentare ancora di più). L’obiettivo è di limitare la crescita del riscaldamento globale entro 1,5-2 gradi da qui al 2050, quando dovrebbe bloccarsi tale trend (grazie alle misure messe in campo);
3) Superficie coperta da foreste: a fronte dell’aumento delle emissioni, a peggiorare le cose si è aggiunta la riduzione della superficie terrestre coperta da foreste, che è passata dal 32,5% del 1992 al 31,2% nel 2020;
4) Innalzamento del livello del mare: finora, secondo le stime effettuate con i satelliti dalla Nasa, il livello del mare è cresciuto in media, negli ultimi 30 anni (1993-2022), di 3,4 millimetri l’anno, e quindi di 10 centimetri complessivi finora.
Per effetto del cambiamento climatico, è diventato necessario intervenire, come dichiarato nella conferenza internazionale di Parigi sul clima del 2015, riducendo i consumi energetici, ed incrementando il ricorso a fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti; qui di seguito si riportano alcuni dati che fotografano la situazione:
1) Consumo di energia elettrica pro capite: questo consumo è passato da 1,198 kWh pro capite del 1971 a 3,105 del 2014 (quasi triplicato in 40 anni);
2) Consumo di energia rinnovabile sul totale: questa percentuale è passata dal 16,66% del 1990 al 19,77% nel 2020;
3) Consumo di energia da fonti fossili sul totale: questa percentuale è passata dal 94,1% del 1960 al 79,7% nel 2015.
La più recente e drammatica epidemia è stata sicuramente quella del Covid-19 nel biennio 2020-2021, che ha dimostrato come possa sempre intervenire una mutazione dei virus esistenti, che può trovare impreparato il sistema immunitario umano; va poi considerato che l’elevato traffico di merci e persone, per effetto della globalizzazione, ossia dell’integrazione delle economie, rende quasi impossibile il confinamento territoriale di nuovi focolai di malattie trasmissibili; qui di seguito si riporta il bilancio dell’epidemia del Covid-19, come risulta dal sito del Who (World Health Organisation):
1) Bilancio del Covid: secondo i dati aggiornati al 2 agosto 2023, nel mondo sono stati infettati 769 milioni di persone (circa il 10% della popolazione mondiale), e sono stati registrati quasi 7 milioni di morti (l’1% degli infetti).
A quasi 80 anni dalla creazione dell’Onu, ovvero dalla fine della 2a guerra mondiale, negli ultimi anni sono aumentati i conflitti militari in varie parti del mondo (Iraq, Afghanistan, Africa occidentale, Medio Oriente), che si sono estesi all’Europa, con l’attacco della Federazione russa all’Ucraina nel febbraio 2022; vi sono state anche numerose crisi politiche, con il rovesciamento di regimi democratici da parte di giunte militari (Myanmar, Africa occidentale), il tutto accompagnato da tensioni latenti, come quelle tra Cina e Taiwan, Corea del Nord e Corea del Sud.
Anche il fenomeno delle migrazioni è aumentato sensibilmente negli ultimi decenni, con spostamenti di persone sempre più massicci, provenienti dai paesi poveri e diretti a quelli più ricchi (ossia Europa, Usa, e altri paesi Ocse), come testimoniano i seguenti dati:
1) Numero di rifugiati: nel 1990 si erano spostati 19,85 milioni di persone in un anno, mentre questi movimenti hanno riguardato 35,3 milioni di individui nel 2022;
2) Numero di immigrati: nel 1960 vivevano in un paese diverso da quello di nascita 71,9 milioni di persone, mentre nel 2015 erano 243,2 milioni.
Nel contesto sopra descritto, che riporta i macrotrend globali, può essere interessante considerare anche cosa sta succedendo in Italia. Questa necessità informativa può trovare risposta nei dati dell’Istat, che si riporteranno qui di seguito, ma solo per i trend demografici ed economici (altrimenti l’articolo assumerebbe dimensioni eccessive).
La popolazione italiana era, a fine 2022, composta da 58,85 milioni di residenti, di cui 5,05 stranieri; le nascite nel 2022 sono state 393mila, a fronte di 713mila decessi (con perdita di oltre 300mila abitanti in un solo anno); per dare un’idea complessiva dei trend demografici in Italia si riporta il grafico successivo, preso dal Rapporto annuale dell’Istat del 2023, che mostra l’evoluzione di questi trend negli ultimi 20 anni:
La riduzione veloce della popolazione italiana è attenuata dal saldo positivo tra immigrazione e emigrazione, come mostra il grafico della successiva tabella 2, anche essa contenuta nel rapporto annuale dell’Istat del 2023.
Gli uomini in Italia hanno una speranza di vita di 80,5 anni, e le donne di 84,8, mentre l’età media della popolazione è ormai di 46,4 anni, per il fatto che a fine 2022 vi erano 14,2 milioni di ultra65enni (24,1% della popolazione), dei quali gli ultra80enni erano 4,5 milioni (il 7,7% della popolazione), mentre i ragazzi fino a 14 anni risultavano essere appena 7,3 milioni (12,5%).
L’economia italiana presenta alcuni punti di forza:
1) la capacità di esportare, come dimostrano i 624,7 mld di euro di export di merci del 2022, che ha garantito negli ultimi anni, salvo nel 2022, un avanzo commerciale importante (tra 50 e 70 mld l’anno);
2) una attrattività turistica, e più in generale, una buona percezione a livello internazionale del Made in Italy.
L’occupazione a giugno 2023 ha raggiunto livelli record (dal 2004), essendo 23,6 milioni i lavoratori con un impiego, ma rispetto ad altri Paesi Europei abbiamo ancora una ridotta partecipazione di donne e giovani al lavoro;
Al tempo stesso il nostro paese denota 3 elementi di debolezza:
4) un enorme debito pubblico, che ha raggiunto a maggio 2023 2.817 miliardi di euro, ossia 144,4% del Pil a fine 2022 (dato Eurostat);
5) uno strutturale deficit pubblico, superiore a 150 mld l’anno, negli ultimi 3 anni;
6) l’assenza di un’industria nazionale competitiva in alcuni settori strategici, come l’elettronica (con l’unica eccezione dei microchip) e i prodotti di consumo (in larga parte importati dalla Cina).
Alla luce degli elementi sopra richiamati, quali potrebbero essere i settori economici su cui scommettere per svolgere un’attività imprenditoriale?
Senza pretesa di fare previsioni sicure, è possibile che i beni e i servizi relativamente innovativi che potranno essere maggiormente richiesti in futuro appartengano ai seguenti settori:
1) Riduzione dei consumi energetici: il risparmio energetico richiederà beni e servizi che permetteranno di conseguire questo obiettivo (dalla coibentazione delle abitazioni, a elettrodomestici a basso consumo, passando per l’installazione di pannelli solari), e questo costituirà un mercato in crescita, considerata la sempre maggiore importanza che acquisirà la strategia per la transizione energetica;
2) Mobilità sostenibile: un altro contributo alla sostenibilità dell’economia proverrà necessariamente dal lento, ma progressivo, passaggio dai mezzi di trasporto basati su una motorizzazione a combustibili, a quelli a trazione elettrica e ibrida, circostanza che cambierà anche l’indotto legato alle vetture e alle moto;
3) Attività legate alla terra: è possibile che il peggioramento dell’ambiente possa stimolare il ritorno ad attività primarie, come l’agricoltura e l’allevamento sostenibile, e lo sviluppo di un indotto upstream e downstream, relativo, il primo, agli input necessari per queste attività (es. concimi ecologici, attrezzature agricole innovative), e, il secondo, alla gestione degli output derivanti da esse (prodotti alimentari, eventualmente da trasformare);
4) Silver Economy (prodotti e servizi per anziani): si tratta di un settore in crescita quantitativa nel nostro paese, che comprende i beni necessari per il benessere delle persone anziane (da medicine a strumenti biomedicali, passando per strumenti elettronici adeguati alle capacità degli anziani), e i servizi a loro destinati (dall’assistenza agli anziani con scarsa autonomia alle cure mediche e paramediche, passando per l’adattamento di servizi classici, come quelli turistici e del tempo libero, e concludendo con i servizi funerari), i quali dovrebbero costituire un mercato sempre più ampio;
5) Benessere individuale: il maggior stress che il nuovo ambiente determinerà potrebbe rendere ancora più importante l’individuazione di beni e servizi che offrano momenti di relax, sia fisico (es. massaggi e altri servizi che facilitino il rilassamento), sia intellettuale (es. esperienze alternative, come quelle della realtà aumentata e virtuale);
6) Intelligenza artificiale: pur con gli opportuni limiti che questa nuova fonte di servizi deve prevedere, è possibile che l’offerta di prodotti elettronici e di servizi collegati all’uso dell’Intelligenza artificiale (es. istruttori per l’uso delle nuove tecnologie), costituisca una nuova fonte di domanda di consumo.
Accanto ai (relativamente) nuovi prodotti richiesti per effetto del cambiamento della società umana, a livello globale e locale, per i fenomeni richiamati sopra nei par. 1 e 2, restano solide le prospettive per alcune attività tradizionali, sia per la costanza della domanda (o, perfino, per le sue prospettive di crescita), sia per la loro compatibilità con il nuovo scenario determinato dai cambiamenti globali e locali. Qui di seguito si riportano i settori che promettono di essere profittevoli anche in futuro, ferma restando la precisazione che si tratta di previsioni. Ecco comunque i settori e le attività su cui sarebbe ragionevole scommettere:
1) Turismo: l’offerta di alloggi, di ristorazione, e di servizi utilizzati dai turisti (es. organizzazione dei viaggi, guide, trasporti individuali,) dovrebbe continuare a trovare una domanda costante, vista la volontà di viaggiare riemersa dopo gli anni del Covid, sebbene non sia da escludere che il raggio dei movimenti turistici potrebbe ridursi in futuro, in conseguenza delle limitazioni derivanti dalla transizione energetica;
2) Tempo libero: per le stesse ragioni ricordate nel paragrafo precedente (ossia per compensare il maggiore stress), è probabile che resti alta la domanda di beni e servizi legati al tempo libero, che può essere impegnato in attività sportive, in hobbies (che però possono cambiare nel corso del tempo), in divertimenti (es. locali), in occasioni di incontro e di apprendimento;
3) Benessere: la cura della persona resterà un’aspettativa individuale crescente, e quindi gli operatori che offrono i diversi beni e servizi che possono far sentire meglio la persona, e in armonia con sé stessa, dovrebbero trovare livelli soddisfacenti di domanda;
4) Cibo: l’alimentazione resta un’esigenza ineludibile, ed è possibile che cresca sia il segmento di domanda di fascia alta, sia quello del discount, considerato che è possibile che cresca l’attuale dicotomia della società civile, tra persone con crescente capacità di spesa, e gente con ridotte disponibilità (es. lavoratori precari, o dei settori poco remunerati, immigrati);
5) Casa: anche l’abitazione rimane una esigenza primaria, e il suo costante rinnovamento e adeguamento farà sì che la domanda di beni e servizi legati all’uso delle case resti una componente importante della domanda di consumo;
6) Ristorazione e locali per il divertimento: questo settore pare mantenersi in ottima salute, non solo per la domanda di origine turistica, ma per la tendenza degli Italiani (così come di altri popoli europei) di usare ristoranti e locali come occasione di socializzazione, oltre che di nutrizione.
In conclusione sono diversi i settori economici promettenti, ma è giusto sottolineare che anche quelli non citati (es. tabacchi, edicole) rimarranno necessari, sebbene in misura quantitativamente minore rispetto al passato.