Salta al contenuto principale
astratto

INSIEME,

troviamo soluzioni

 
comprimi barra di ricerca

Voucher, uno strumento adeguato ad un mercato complesso

03/10/2017

Seguiamo con una certa apprensione il dibattito che l’Adige ha avuto il merito di stimolare sui buoni lavoro, i cosiddetti “voucher”, e sul loro destino. Con apprensione perché il mondo dell’impresa – e non è il solo – è compatto nel ritenerli uno strumento molto utile, pratico e adatto alle esigenze di un mercato sempre più complesso.

Pur rispettando le posizioni di ciascuno, vorrei porre alcune precisazioni sulle motivazioni che ci fanno ritenere i “voucher” un’innovazione positiva che non va cancellata. Innanzitutto, come la Federazione italiana dei pubblici esercizi ha sottolineato, il fenomeno dei buoni lavoro è relativamente contenuto: nel 2015 sono stati acquistati nel settore dei pubblici esercizi, bar e ristorazione, 19 milioni di voucher, che corrispondono a 19 milioni di ore di lavoro, ovvero, più o meno, l’equivalente dell’attività di 11 mila addetti a tempo pieno. Gli addetti complessivi dell’intero settore in Italia sono 730 mila: in termini di costo del lavoro i voucher valgono circa l’1,1% del totale. Una percentuale che è importante avere a mente per evitare strumentalizzazioni o “crociate” contro draghi che si rivelano essere di cartone. 

Dall’altro lato, però, questa percentuale, che sicuramente non mette a rischio il mercato del lavoro ed i suoi strumenti di inquadramento tradizionali, consente alle imprese e ai lavoratori di gestire con maggiore praticità una flessibilità ormai connaturata al mercato. I voucher permettono alle imprese, soprattutto del turismo e del terziario in generale, di rispondere efficacemente ai picchi ed alle situazioni di emergenza, appunto occasionali; e lo fanno, per altro, coinvolgendo categorie di lavoratori “deboli”, come giovani, pensionati e disoccupati, che traggono dall’utilizzo dei voucher un beneficio difficilmente confutabile. I buoni, infatti, permettono anche di regolarizzare posizioni e di integrare il reddito.

Certo, se ci sono distorsioni o abusi nell’utilizzo dei buoni lavoro è corretto intervenire e aggiustarne i criteri e le modalità per ricondurre i voucher alla loro finalità originaria. Già al momento della loro introduzione, infatti, sono stati fissati alcuni paletti che, secondo noi, garantiscono sufficientemente un uso corretto e non distorsivo dei voucher. Basti ricordare – come fa Fipe – che nel biennio 2014/2015 gli addetti con inquadramento di lavoratore dipendente nel settore del turismo sono cresciuti del 4,7%. Inoltre, l’importo massimo annuo per ciascun lavoratore è di 7 mila euro (netti), mentre per un datore di lavoro il limite è 3 mila euro: cifre compatibili con la natura accessoria e occasionale del tipo di lavoro previsto dai buoni.

Mi rammarica, quindi, vedere un dibattito sul mondo del lavoro e sulla sua evoluzione (dibattito quanto mai necessario) accanirsi contro questo strumento che funziona e che porta benefici a imprese e lavoratori. Il mercato – come sa bene chiunque ne faccia parte – segue evoluzioni molto veloci: adeguarsi ad esse non è più un’opzione ma una necessità. Opporsi ad esso, arroccandosi su posizioni vecchie di decenni, non è una questione ideologica ma una grave irresponsabilità che rischia di far male alle imprese, ai lavoratori ed a tutta la comunità.

La nostra posizione, come del resto quella della confederazione nazionale, è chiara: sì ai voucher. Vanno bene i correttivi per impedirne l’uso distorto ma si salvaguardi gli obiettivi originali con cui sono stati ideati e introdotti. Nei prossimi giorni promuoveremo un incontro con i parlamentari trentini per trasmettere loro le nostre osservazioni e chiedere il loro contributo affinché i voucher continuino a svolgere la loro indispensabile funzione.

 

Marco Fontanari

Vicepresidente Confcommercio Trentino, delegato alle politiche del lavoro