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UNAT: sulla burocrazia È necessario un cambio di mentalità

Troppe leggi inutili rappresentano una eccessiva invadenza nella vita quotidiana

21/07/2021

Il tema della burocrazia e della sua invadenza nella vita quotidiana è probabilmente antico. Già da quando le prime regole furono fissate, qualcuno cominciò a dolersene. Da allora con i fiumi di parole che fissano regole, modi di comportamento, ciò che è permesso e ciò che non lo è, come ottenere dalla pubblica amministrazione una tal cosa, si è andati oltre quello che era l’obiettivo di organizzare la vita collettiva. Il sovraccarico ordinamento pubblico ha determinato una eccessiva invadenza nella vita quotidiana che è davvero insopportabile soprattutto se paragonato a quanto in atto in altri Paesi. In Italia, e a tutti i livelli amministrativi, sembra necessario andare a definire ogni cosa, il che sembra più una volontà di controllo che di miglioramento della vita, tant’è che se funzionasse tutto perfettamente potremmo dire che tanta burocrazia serve ad un’alta qualità di vita, ma sappiamo tutti che così non è.

Cambiare mentalità e quindi modus operandi sembra impossibile. Logicamente non è che possiamo fare senza burocrazia e anche certi atteggiamenti che assumiamo verso di essa sono esagerati. Le regole ci vogliono e ad esse ci dobbiamo adeguare. Certamente non serve regolamentare tutto, bisognerebbe concentrarsi su ciò che ha valore e ciò che non ne ha o che comunque non necessita di leggi, regolamenti, norme e atti amministrativi.

Il legislatore è il primo imputato di questa colpa. Il corpo legislativo nazionale e provinciale è enorme, tant’è che molte leggi nel tempo di fatto vengono disapplicate perché cadute nell’oblio e recuperate solamente da qualche zelante “burocrate” che riesce a riesumarle per fatti specifici.

Si producono insomma norme che obbligano degli atti o del comportamento che comunque sarebbero tenuti dai cittadini, anche in assenza della legge.
Ad esempio, recentemente è stato presentato in Provincia un disegno di legge sulla spinta da dare allo smart working come prodotto turistico. Indubbiamente oggi lo “smart working” è un tema, peraltro controbilanciato da un altro tema, il “digital detox”. Il primo mira a portarsi il lavoro in vacanza e lavorare dall’appartamento o stanza d’albergo posti in un ambiente quale il Trentino sa dare, il secondo a trascorrere la vacanza in un ambiente libero da ogni forma, connessione, momento digitale. Anche l’uso del cellulare viene bandito o limitato.

Entrambi possono essere prodotti turistici da proporre sul mercato.

Però il sistema turistico già oggi è in grado di proporli, è attrezzato per farlo e ha fatto gli investimenti necessari. A prescindere dai “numeri” degli interessati, perché capiremo solo poi di che movimentazione turistica si parla, la scelta è individuale: chi vuole proporsi sul mercato con tali iniziative può farlo.

Serve quindi una legge per dirti di fare queste cose? Fra l’altro, una legge che parla solo di smart working, dimenticando altre particolari nicchie di turismo. Perché questo indirizzo turistico è accompagnato da una legge e ad esempio il digital detox no? Ha senso fare una legge per ogni tema, prodotto, iniziativa che possa arrivare sul mercato? La capacità imprenditoriale dove va a finire se si aspetta ogni volta qualcuno che sventoli una bandierina ai blocchi di partenza per dirti che puoi fare una cosa?

Certo, la legge poi, bontà sua, accompagna con finanziamenti specifici da richiedere per attrezzarsi all’evenienza. Dimenticando che in verità non ci sono grandi costi da sopportare per avere una rete Wi-Fi in un albergo, quanto piuttosto avere una connessione veloce fuori dalla porta e questa non è iniziativa che l’imprenditore può assumersi, perché di sistema.

Combattere la burocrazia vuol dire anche mirare all’essenziale, a ciò che serve e lasciare fare a chiunque ciò che può essere fatto.


Enzo Bassetti